
Progettare spazi oggi significa confrontarsi con un insieme di elementi che non sono più soltanto visivi, materici o strutturali, ma anche invisibili e intelligenti. La domotica — nella sua forma più evoluta e integrata — non è un’aggiunta a posteriori, ma un vero e proprio linguaggio progettuale. Non si tratta più solo di prevedere dove saranno prese, luci e interruttori, ma di capire come l’interazione tra abitante e spazio si modifica quando ogni superficie può rispondere, ogni funzione può adattarsi, ogni gesto può essere automatizzato o sostituito da una sequenza di eventi.
In questo contesto, soluzioni come WiOO rappresentano un punto di intersezione concreto tra forma, funzione e tecnologia. Non sono “componenti smart” ma dispositivi pensati per essere parte della grammatica architettonica, con una logica installativa che consente di trasformare un impianto tradizionale in uno scenario interattivo, senza compromessi estetici o tecnici.
Quando la progettazione parte da questa consapevolezza — e non dall’aggiunta postuma di un’app o di un dispositivo connesso — diventa possibile costruire un’esperienza coerente, dove la luce risponde alla presenza, gli spazi si adattano ai momenti della giornata e la casa si riconfigura in base a chi la abita e a come la abita.
WiOO, in particolare, offre un’integrazione nativa con Apple Home: questo significa che ogni scelta fatta in fase di concept può essere tradotta in una scena automatizzata, controllabile ma non invasiva, con un’interfaccia discreta, fisica, che non impone comportamenti ma li supporta. Non è il progetto a doversi piegare alla tecnologia, ma è la tecnologia che, se ben pensata, può amplificare l’intelligenza del progetto.
È qui che il lavoro di architetti e interior designer cambia natura: non si tratta più solo di organizzare lo spazio, ma di orchestrarlo. La domotica non è un effetto da showroom, ma un’infrastruttura narrativa che lega comfort, efficienza, identità e cura del dettaglio. Trascurarla — o peggio, demandarla all’ultimo momento — significa rinunciare a un livello di progettazione oggi essenziale.